Il Quadriponte Etico e il Ponte tra Reggio e Messina
Correva l’anno
1963 e andavo dalla Casa dello Studente dell’Università verso il porto di
Messina, dove frequentavo il terzo anno di giurisprudenza. Mi dirigevo verso il
traghetto per tornare dai miei a Sant’Andrea Jonio, in Calabria, quando incontrai
Antonio Martino, poi Ministro degli Esteri d’Italia, morto nel 2022. Egli,
chiamato Ninì, era figlio del famoso medico Gaetano Martino, Ministro degli
Esteri d’Italia, il quale nel 1954 aveva invitato a casa sua a Messina i padri
fondatori della Comunità Europea: Jan
Willelm Beyen per i Paesi Bassi, Antoine Pinay per la Francia, Joseph
Bech per il Lussemburgo, Walter Hallstein per la Repubblica
Federale Tedesca e Paul-Henri Spaak per il Belgio.
Ninì, suo cugino
Federico Martino, in seguito Magnifico Rettore dell’Università di Messina,
Cesare De Leo, in seguito sindaco di Monasterace, io e pochi altri studenti di
giurisprudenza, frequentavamo le lezioni. La maggior parte degli studenti,
però, rimaneva nei paesi non potendo affrontare le spese di soggiorno a
Messina, dove venivano da Calabria e Sicilia solo per gli esami ed erano molto spesso
bocciati.
Ninì mi chiese:
- Dove vai?
- Vado a casa per
qualche giorno.
- Perderai il
traghetto, la fila per fare il biglietto è lunga.
- No, ho
l’abbonamento.
- Bravo, l’anno
prossimo però non lo rinnovare, perché sarà costruito il ponte...
Non andò proprio
così e oggi, a sessanta anni di distanza, ripenso a quell’episodio non come a un
fatterello per ridere, ma come a un invito profetico. Storia alla mano, il
movimento di unificazione europea è partito dalla Sicilia nel 1954: non è venuto
dalle grandi capitali europee, nate in seguito alle invasioni barbariche, tutte
provenienti dal nord e dall’est Europa. In Sicilia, come in tutto il Sud
Italia, era in parte sopravvissuto il modello di vita comunitario, nato con
l’agricoltura intorno al Diecimila a. C.
Le innumerevoli
manifestazioni e prese di posizione odierne pro e contro il Ponte, mi fanno
pensare che le difficoltà del vivere di oggi nascono da un dissidio culturale molto
profondo, ben documentato per esempio dagli scrittori siciliani come
Pirandello, Verga, Capuana, De Roberto e Tomasi di Lampedusa. Nelle loro opere
il pessimismo è dominante, non si salva niente e nessuno. Perfino il cane
impagliato Bendicò del Gattopardo finisce in un mucchio di cenere. L’animo
siciliano rifiuta ogni speranza di cambiamento.
Esattamente il
contrario si può dire dell’animo della Calabria, devastata negli ultimi tremila
e più anni da una ventina di occupazioni e dominazioni straniere. L’animo
calabrese, però, è rimasto fondamentalmente ottimista, tanto che i letterati
definiscono utopiche, cioè contengono sogni belli ma irrealizzabili, le opere
degli autori calabresi come Cassiodoro, Gioacchino da Fiore, Bernardino
Telesio, Tommaso Campanella e altri tra cui me, come scrive il Prof. Antonio
Piromalli in La Letteratura Calabrese,
vol. 2.
La profonda diversità
d’animo tra Sicilia e Calabria potrebbe derivare dai Fenici, i quali, provenienti
da Cartagine in Sicilia fondarono tre colonie: Mabbonath, l'odierna Palermo,
Mozia e Solunto. I Fenici praticavano l’olocausto dei loro primogeniti, come
testimoniano i vari tofet tra cui
quello di Mozia, dove si ponevano le ceneri dei bimbi primogeniti arsi vivi. I
Fenici, abili nei commerci e nella navigazione, non erano persone allegre:
erano Mediorientali i quali, allora come ora, bramano l’uccisione, l’olocausto
e il martirio. In Calabria non ci sono tracce di insediamenti od occupazioni di
Fenici.
Gli scrittori
calabresi moderni come Alvaro, Repaci, Strati, Seminara sono sostanzialmente fuori
dalla linea utopica calabrese. Essi, persone di grande coraggio e onestà, con
le loro opere hanno proiettato sulla Calabria l’immagine dell’Aspromonte, che è
una piccola parte di Calabria. Hanno così contribuito, anche se involontariamente,
a creare un’immagine di tutta la Calabria come di una terra criminale e invivibile.
Gli studi e le
analisi sulle varie letterature trarrebbero grande chiarezza se esaminassero l’antropologia
dei popoli tra cui gli scrittori si sono formati. Per esempio, un confronto tra
Dante e Gioacchino da Fiore chiarirebbe la diversità antropologica di Calabria
e Toscana. Ma è una materia complessa che non possiamo affrontare adesso.
Ora, come
Scolarca della Nuova Scuola Pitagorica, quel lontano episodio del Ponte mi
ricorda che è necessario costruire un Quadriponte
Etico che congiunga Nord, Sud, Est e Ovest della Terra nella felicità e nella
pace. Molti diranno che è un’utopia, ma io insisto nell’affermare che più un sogno sembra irrealizzabile, più è
destinato a realizzarsi.
A suo tempo
esporrò la mia teoria del Destino
Emozionale dell’Universo, che spiega come ciò possa avvenire attraverso una
visione totalmente nuova dell’evoluzione umana.
Salvatore Mongiardo
9 agosto 2024
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