I FICHIDINDIA
L’autunno
mi invita a passeggiate in campagna, dove abbondano le piante di ficodindia
cariche di frutti maturi che nessuno più raccoglie. Sant’Andrea ha tantissime
di quelle piante arrivate dal Messico, che non hanno bisogno di nessuna cura,
offrono frutti abbondanti e squisiti, e crescono soprattutto in terreni
scoscesi o poco adatti ad altre colture, in andreolese scorciatini, parola che, secondo l’Armogida, indica piccoli appezzamenti di terreni di scarso
valore. Ai tempi che furono, era un rito per noi ragazzini farsi con della
latta un coltello per ficodindia. Ora li guardo e passo oltre, ma mi sembra che
le piante mi rimproverino così: Nemmeno tu ci vuoi più? Facciamo ancora quei
frutti squisiti, quelli verdi o rossi che a te tanto piacevano…Accelero il
passo per non farmi vincere dalla nostalgia, e ricordo le basse piante di agazzari, l’artemisia campestre, con la
quale facevamo scope rudimentali da passare sui frutti prima di raccoglierli per
toglierne le spine.
A volte qualcuna di quelle
minutissime spine entrava negli occhi: il bruciore era forte, ma nessun dramma.
Bastava passare da mia zia Antinisca Ranieri, che abitava la casa a destra del
Muretto di Sofia, sua madre e mia bisnonna. La zia era maestra nel togliere
quelle spine con garbo senza chiedere nessun compenso. Apriva una scatolina
nella quale conservava una lanuggine di seta grezza, quella che univa i bozzoli
prima della loro bollitura per ricavarne la seta. La passava all’interno
dell’occhio, le spine vi si attaccavano e la zia mandava la persona guarita a
sciacquare il viso alla vicina fontana pubblica.
L’altro giorno passeggiavo nelle
colline della località Incenso, e mi
sedetti a guardare il mare con i riflessi blujonici che tanto amo. Mi venne
allora una fantasia. Non era più tempo di rudimentali coltelli di latta, ci
voleva un attrezzo adatto, ben forgiato e con un’asta per raccogliere quei
frutti. Ci voleva un’alabarda come quella delle guardie svizzere del papa,
dotata di una punta per bucare la pala, un gancio per tirarla e il taglio per tagliare
la pala e sbucciare il frutto. Ma come fare per averne una? Escluso che le
guardie me la dessero, bisognava arrivare al papa, al quale chiederla senza
possibilità di rifiuto. Alle prossime elezioni presidenziali, se io fossi
eletto presidente, riserverei la prima visita al papa e in quell’occasione gli
chiederei un’alabarda: il santo padre con un largo sorriso direbbe alla guardia
di consegnarmela.
Intanto, le piante di ficodindia
possono continuare il loro ciclo di nascita, morte e rinascita dalle loro pale
cadute a terra, e i frutti non raccolti possono fare sogni spinosi ma
tranquilli al sole temperato d’autunno.
Salvatore Mongiardo
3 ottobre 2023
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