La sera del 29 novembre 1916 furono accese per la prima volta le lampade elettriche pubbliche in paese. Quella data era stata scelta perché era la vigilia del santo patrono, Sant'Andrea Apostolo, che si celebra il 30 novembre. La corrente arrivava da una centrale idroelettrica sita nel Comune di Chiaravalle, ma per la gente era un mistero come mai quelle lampade si accendessero. Mio padre aveva allora nove anni e i suoi compagni posero la domanda a lui, perché era figlio di un mastro forgiaro e quei mastri conoscevano alcuni segreti rivelati dalla Sibilla. Un segreto era quello della saldatura di due pezzi di ferro a caldo, che richiedeva la sabbia tra i due pezzi per eliminare l'aria e avere una saldatura omogenea. La gente pensava che bastasse anche solo buttare il ferro rovente a toccare terra e ne era nato un detto: O nterra catta o rina misa. O è caduto per terra o ci ha messo la sabbia. Era una cosa che mio padre faceva per fare contenti quelli che stavano attorno alla sua incudine. Quando poi raccoglieva il ferro rovente da terra, i presenti assentivano: Mo' si ca vena bona. Adesso viene bene.
Mio padre non sapeva nulla di luce elettrica e spiegò ai suoi
compagni che quella luce derivava dai raggi del sole che i filamenti della
lampada accumulavano di giorno, spiegazione che fu accettata come un oracolo.
In seguito la luce arrivò anche nelle case con un
abbonamento minimo, il forfè, che
permetteva solo una lampadina la quale si accendeva la sera e si spegneva al
mattino assieme alle lampade pubbliche. Nonna Marianna Carioti, madre di mio
padre, lasciava la lampada accesa anche quando dormivano, lei che era nata nel
1878, e commentava: Quantu è bella a
luci! Sua figlia, la mia simpaticissima zia Maria Antonia Mongiardo, emigrò
a West Paterson, NJ, dove morì a 85 anni. Amici e parenti stavano accanto al
suo letto in punto di morte e la esortavano: Lasciati andare, va nella luce eterna. Lei disse: E chi la paga quella bolletta? Era
l'ultima battuta di spirito suggeritale forse da quel lontano forfè.
La sera che arrivò la luce, nacque il mio carissimo
cugino Vincenzo Codispoti, Patra Vicìanzu,
rimasto orfano di entrambi i genitori e allevato come un figlio dalla zia
Maria Antonia Codispoti, a germanese,
così chiamata per la sua alta statura. Lei commentava amaramente: Vicenzinu nescìu quandu vinna a luci aru
pajìsi, ma ped'iddhu fu cchiù scuru da menzannotta. Vincenzino è nato quando è arrivata la luce
in paese, ma per lui è stato più buio della mezzanotte.
Auguri a tutte le Andreine e Andrea.
Salvatore Mongiardo
29 novembre 2020