La morte e il tomaista
Tutti sanno
cosa è la morte, anche se poi nessuno la conosce veramente, e Leopardi la definisce
questo morir, questo supremo scolorar del
sembiante. Molto più facile è spiegare cosa era un tomaista, termine che in
italiano non è nemmeno registrato, ma in andreolese indicava l'artigiano che
faceva le tomaie, la forma di cuoio che costituisce la parte superiore di una
scarpa. Nella Calabria della mia infanzia non si sapeva di numeri di piedi:
ogni piede era diverso e il tomaista faceva a ognuno la tomaia adatta. Poi il
calzolaio cuciva e inseriva la tomaia sulla suola terminando la scarpa. Il
tomaista di Sant'Andrea era grande amico di mio padre, che mi mandò da lui per
le tomaie di un paio di scarpe di pelle di capretto. Poi un altro grande amico
di mio padre, Severino Voci, mi fece elegantissimi scarponcini neri che furono
l'invidia dei miei coetanei, i quali andavano quasi tutti scalzi. Del tomaista
non ricordo il nome: la moglie si chiamava Letizia e abitavano vicino a
Piazzetta Malaira.
Il tomaista
seguì la gigantesca ondata migratoria del dopoguerra e partì per l'Argentina
con moglie e figli piccoli. Lasciò in paese l'anziano padre, Cola e setta frìavi, Nicola delle sette
febbri, così chiamato perché aveva sofferto di sette attacchi di febbri malariche.
Poco dopo la sua partenza il padre morì ed io, come facevano i bambini, andai a
curiosare. Il vecchio era composto nella bara e le donne recitavano preghiere
con voce sommessa. Il morto non aveva più donne nella parentela stretta per cui
nessuna gli faceva u trìvulu. Quel compito,
riservato alle donne, nel dizionario Andreolese-Italiano di Enrico Armogida è
definito così:
Era costituito da una
nenia, cioè da una interminabile cantilena - dal ritmo lento grave e penoso -
improvvisata e ritmata, con cui si narravano i momenti lieti e tristi della
vita del defunto.
Quel lamento faceva venire la pelle d'oca per le grida acute
di strazio che la donna del trìvulu
emetteva. Per Cola, invece, le preghiere a voce bassa erano come un sussurro
per addormentare un bambino.
In
Argentina, dove le pelli di animali erano abbondanti, il tomaista deve aver
fatto una discreta fortuna, tanto che poteva permettersi di tornare in paese
abbastanza spesso. Naturalmente, ogni volta veniva a trovare mio padre nella
sua forgia. Il tomaista aveva preso l'abitudine scherzosa di dire a mio padre
che era tornato in paese per ingannare la morte: egli ormai aveva una certa età
e la morte poteva cercarlo in Argentina. Così lui veniva in paese, dove la
morte non immaginava si trovasse. Al momento di ripartire, tornava a salutare
mio padre, dicendogli che era da troppo tempo in paese, dove la morte poteva
venire a cercarlo. E allora era più prudente tornarsene in Argentina.
I suoi
tentativi di imbrogliare la morte durarono a lungo, ma alla fine le sue astuzie
furono scoperte. Girovagando nelle sterminate pampas, forse camuffata da
contadina con falce, la morte lo colse e lo congiunse al padre Cola.
Salvatore Mongiardo
14 novembre 2019
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