La comunione
all'ammalata
Era il 1954
ed io avevo tredici anni. Una mattina Padre Ruggiero, nel Collegio dei Padri
Redentoristi di Sant'Andrea, mi chiese di accompagnarlo a casa di un'ammalata,
che abitava nel rione della Fontanella, in pratica dall'altra parte del paese.
Padre Ruggero salì i gradini dell'altare maggiore e, prima di aprire la
porticina d'argento del tabernacolo, fece una profonda genuflessione al modo
che io già conoscevo. Egli picchiava sodo col ginocchio destro sul marmo, tanto
che si sentiva il rumore. Gli avevo chiesto una volta perché mai facesse una
genuflessione così profonda davanti al tabernacolo, e il buon Padre,
guardandomi con benevolenza mi spiegò: Perché
lì dentro, per amore nostro, sta chiuso il figlio del capo! Egli voleva
dire che sotto la specie delle ostie, Gesù, figlio di Dio, stava chiuso a
disposizione dei fedeli. Dio come capo era un'immagine del Napoletano, da dove
il Padre e i suoi confratelli provenivano.
Padre
Ruggiero scostò il velo che ricopriva il tabernacolo, infilò la chiavetta e
prese dalla pisside un'ostia, che ripose in una piccola teca, legata a un
cordoncino che passò attorno al collo, mentre recitava: O sacrum convivium, in quo Christus sumitur…
Andammo poi per le vie del paese e il Padre non rispondeva
alle persone che lo salutavano, mantenendo un atteggiamento compunto e serio.
Era segno che portava il sacramento dell'eucaristia e tutta l'attenzione doveva
essere riservata al figlio del capo.
Arrivammo alla casa della donna, che viveva sola, non lontano dalla casa
abitata allora dalla famiglia di Enrico Armogida. La stanza era povera, una
vicina aveva acceso una candela e l'anziana ammalata era stesa nel letto. Notai
con stupore che una corda era appesa al soffitto e arrivava fin sopra il letto
per permettere all'ammalata di afferrarsi, girarsi sul letto e anche alzarsi
per i bisogni. Il capo della corda, lucida per il molto uso, terminava con una
piccola guaina di cuoio che impediva alla corda di sfilacciarsi.
Padre
Ruggero diede l'ostia alla donna che la prese devotamente in bocca e poi la
vicina le diede da bere dell'acqua: si usava sciacquare la bocca dopo la comunione in segno di rispetto della
sacra specie. Poi il Padre parlò familiarmente all'ammalata e alla fine si
congedò: Se non ci vediamo più, ci
vediamo in cìelo. Ai napoletani piace vivere a colori e danno un tocco di
colore anche al cielo, che diventa cìelo,
come il cuore diventa cùore e perfino
la preghiera diventa preghìera.
La donna allargò le mani sulla coperta, e borbottò sottovoce
parole andreolesi che il Padre non poteva capire: Fussa pe' mia, starìa supa sta terra puru si aiu u m'acchiappu ara
corda. La donna preferiva vivere ammalata con l'aiuto della corda piuttosto
che andare nel cìelo di Padre
Ruggero. Egli me ne chiese la traduzione, ma io ritenni sconveniente
l'affermazione della donna e dissi che lei lo ringraziava di tutto cuore.
Salvatore Mongiardo
25 ottobre 2019
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