Sono lieto di ospitare due pezzi di grande suggestione dell'amico Cesare Nisticò
Il pane di Gesù
Darò il Tuo pane, Gesù
A chi non mi ama.
Perché, se un mio fratello non mi ama,
Se mi odia, mi detesta,
Può darsi che abbia delle ragioni per farlo.
O può darsi che voglia farmi del male ingiustamente,
A causa del male che è in lui, così come è in me,
Che vivo come un cieco dentro il male.
In un caso, o nell'altro, io gli offrirò il Tuo pane.
Lo posso fare perché Tu me lo hai donato, prima,
Mentre ero nelle tenebre dell'ignoranza.
Tu me lo hai offerto gratuitamente
Per liberarmi dalle tenaglie del male.
E così mi hai insegnato a dare il pane.
Non mi hai detto "occhio per occhio, dente per dente"
Ma hai voluto spezzare le catene del male, del mio male,
Offrendomi il Tuo pane. E mi così mi hai salvato.
Adesso anch'io lo voglio offrire ai miei fratelli,
Non come chi si sente puro e incolpevole, per sanare i malati,
Ma come chi si sente malato anch'egli.
Pero ché offrendo il Tuo pane non salvo solo mio fratello,
Offrendogli il mio amore,
Ma salvo anche me stesso
Invero ché il Tuo pane ci libera, insieme,
Dalle catene del male.
Offriamo dunque il pane ai nostri fratelli
Offriamocelo reciprocamente, scambiandoci il pane di Gesù
Spezzandolo insieme,
Mangiamolo insieme scambiandoci i pezzetti di pane.
Cesare Nisticò
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Offerta a Gesù
In memoria di Gino
(cognato dell’Autore)
Gesù sta soffrendo ancora.
Non ha smesso di soffrire dopo la
sua morte.
E la nostra sofferenza è il
migliore legame con lui. Forse l’unico.
Noi possiamo comunicare con Gesù
grazie alla nostra sofferenza: pensa quale valore ha il dolore. E cosa possiamo
offrire, di nostro, a Gesù, che egli non ci abbia già dato, se non la nostra
sofferenza?
Essa ci mette in comunione con
Gesù in maniera speciale, in maniera particolare.
Qui c’è un grande mistero.
Maria, accogliendo Gesù nel suo
grembo materno, accoglie il dolore. Non solo il suo personale dolore che la
condurrà sul Golgota a straziare il suo cuore nel vedere il figlio morente, ma,
con esso, misteriosamente, attraverserà e farà suo tutto il dolore del mondo.
La spada che ha trafitto il suo cuore immacolato, penetrando fino in fondo,
l’ha condotta nel mistero del dolore, di un dolore più grande: l’immenso dolore
del mondo. Essa ha accompagnato il suo figlio fino ai più remoti angoli della
terra, per conoscere tutto il dolore del mondo, e portarlo nel suo cuore così
come ha portato in grembo Gesù.
Anche il nostro cuore, vaso
prezioso che accoglie il nostro dolore, non è di pietra, ma di carne. Con il
nostro cuore proviamo il dolore. Ma con il nostro cuore proviamo anche l’odio,
il rancore, e mille alti sentimenti che ci fanno brutti: l’invidia, la brama di
possedere, la vanagloria del potere, e mille altre brutture. Lo stesso cuore
accoglie tutti i sentimenti, quelli buoni e quelli cattivi.
Se questo vaso prezioso lo
ripuliamo per bene, svuotandolo di tutti i cattivi sentimenti e lo riempiamo di
rose profumate, allora vedremo il miracolo apparire: dovunque noi andremo,
sbocceranno fiori belli e profumati. E quando visiteremo i luoghi bui e
tenebrosi, dove alligna il male e la sofferenza, porteremo, al nostro
passaggio, sollievo e ristoro, e persino gioia, con l’aiuto di Dio. Come faceva
Gesù, che al suo passaggio scacciava il dolore e portava la felicità. Noi la
felicità non la conosciamo, e neanche la vogliamo. Non si può desiderare ciò
che non si conosce. Siamo stati tanto
lontani da essa che non ne abbiamo quasi più neanche il desiderio. Eppure,
abbiamo come una nostalgia di qualcosa che non sappiamo definire ma di cui, per
intuito, avvertiamo l’esistenza. Per ritrovarla, ascoltiamo e osserviamo. E se
ci fa paura l’enorme distanza che ci separa da essa, vi rivelerò un segreto per
conquistarcela subito: appartatevi in un luogo tranquillo, chiudete gli occhi,
incrociate le mani e chiedete a Dio di farvi la grazia di fare la sua conoscenza.
Nei giorni seguenti, seguite gli impercettibili segnali che vi guideranno sulla
vostra personale e unica strada finora inesplorata. Sono cose semplici,
apparentemente insignificanti, ma fidatevi del vostro cuore che saprà
riconoscerle. Non siate ottusi. Non anteponete il vostro intelletto e tutto
l’armamentario di preconcetti intellettuali: bisogna avere fiducia chiedendo
sempre al Signore di tenerci per mano mentre attraversiamo il sentiero buio e
sconosciuto. Dopo un po’ di tempo, verrà il giorno e si vedrà tutto
chiaramente, anche con la luce dell’intelligenza, ma prima bisogna fidarsi. Non
è difficile se apriamo il nostro cuore all'amore di Dio. E se quest’amore lo
faremo nostro, questa è la fede.
Cesare Nisticò
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