La FILOCRAZIA: un dono a
Papa Francesco per la sua visita in Calabria il 21 giugno 2014
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Caro
Papa Francesco,
Poco più di un anno fa,
il 13 marzo del 2013, mi trovavo in Piazza San Pietro con le prime copie del
mio libro Cristo ritorna da Crotone
che l’Editore Gangemi mi aveva consegnato. Appena eletto, sei apparso al
balcone e mi venne l’idea di scriverTi una esortazione a visitare la Calabria.
Ora quel desiderio si compie e, secondo una tradizione calabrese, voglio fartTi
trovare un dono al tuo arrivo: un nuovo modello di governo dei popoli che chiamerò
FILOCRAZIA.
Questo termine è un
nuovo conio, composto dalle due parole greche: filìa + krateia = amicizia + governo. Come Tu ben sai, filocrazia significa
governo
dell’amicizia.
Da dove è venuta questa
idea? Perché la proponiamo come regime universale? Perché Te ne facciamo dono in
occasione della tua visita in Calabria?
Intorno al 2000 avanti
Cristo, tra il golfo di Squillace e quello di Lamezia, vivevano gli Enotri, un
popolo che re Italo convertì dall’allevamento degli animali all’agricoltura,
soprattutto alla coltivazione del grano, e che chiamò Itali: così nacque l’Italia.
Quel popolo era costituito da gente libera ed uguale, che celebrava il sissizio,
il convivio comunitario, dove tutti portavano il cibo che dividevano. Gli Itali
vivevano in grande spirito di amicizia tra di loro, e questo modo di vita impressionò
un bambino che il padre aveva portato a Crotone dalla Grecia durante un viaggio
di lavoro. Quel bambino, crescendo, imparò tutto lo scibile umano, visitò molte
nazioni, ma, da uomo maturo, tornò a quella terra che aveva vista da piccolo.
Il suo nome era Pitagora. Quando egli
aprì a Crotone la sua scuola, pose a fondamento di tutti i rapporti umani la filìa,
l’amicizia. Così Giamblico, autore della Vita Pitagorica, riassume
la dottrina pitagorica sull’amicizia:
Amicizia
degli dei verso gli uomini; degli uomini l’uno per l’altro, fra i cittadini, gli
stranieri; dell’uomo per la moglie, i figli, i fratelli, i parenti; amicizia,
insomma, di tutti per tutti, persino verso certi animali, grazie a un
sentimento di giustizia e di naturale unione e solidarietà, amicizia del corpo
mortale con se stesso, pacificazione e conciliazione delle contrastanti forze
latenti in esso… (cap. 229). L’amicizia
è uguaglianza… (162). Ma, ancora più degno di ammirazione, è
quanto i Pitagorici affermavano circa la comunione dei beni divini… Sovente si rivolgevano l’un l’altro
l’esortazione a non distruggere l’elemento divino che è in noi stessi. Così,
tutta la sollecitudine per l’amicizia che essi avevano nell’agire e nel parlare
mirava in un certo senso a fondersi e a divenire tutt’uno con la divinità, a
entrare in comunione con la mente e con l’anima divina… (240). Diventare amici dei propri nemici (40).
Pitagora
fece proprio il rito del sissizio e lo celebrava, dopo cena, con
il pane e il vino che simboleggiavano la giustizia sociale attuata:
dello
stesso pane un pezzo a tutti, dello stesso vino un sorso a tutti.
Quel
rito si diffuse in tutto il Mediterraneo e arrivò anche al mondo ebraico e agli
Esseni. Questi lo trasmisero a Gesù, che lo trasformò nella Divina Eucaristia,
aggiungendo al valore di giustizia sociale la più grande promessa di tutti i
tempi: chi mangia il suo corpo nel pane e beve il suo sangue nel vino avrà la vita
eterna.
Più ancora di Pitagora, Gesù
predicò l’amicizia come massimo comandamento:
Amerai il prossimo tuo come te
stesso (Matteo 22, 39). … Amate i vostri nemici (Matteo 26,
50). …Voi siete miei amici…; vi ho chiamato amici, perché tutto quello
che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi (Giovanni 15, 14).
Ma è pensabile un mondo governato
dall’amicizia? La storia non dimostra forse che sulla terra domina la violenza?
La filocrazia
non è forse un altro sogno, una nuova utopia che nasce dalla Calabria, conosciuta
proprio come terra di utopie? Basti pensare alla Città del sole di Campanella: idee nobili ma incapaci di modificare
la realtà. Però, un altro grande della Calabria, Gioacchino da Fiore, invita a
scrutare il sogno che giace in fondo al nostro cuore:
Pulisci gli
occhi dalla polvere terrena, … segui l’angelo sul monte e vedrai i disegni
profondi nascosti dall’inizio del tempo.
Quello che oggi appare irrealizzabile,
un giorno si realizzerà. Icaro sognò di volare e morì nel tentativo fatto con
ali di penne animali: eppure oggi voliamo da un continente all’altro e fino
alla luna. Certo, la storia è dominata dalla violenza e dalla morte, però un
giorno la terra sarà pacificata e la morte sarà vinta: è il sogno dei sogni che
coincide con la promessa di Gesù.
Oggi Tu visiti la Calabria, la quale
per più di duemila anni ha subito una decadenza che ancora oggi appare inarrestabile
e incomprensibile. Forse i lutti, le rovine e le spoliazioni di questa terra erano
necessari per scoprire il tesoro della filocrazia dentro le sue
viscere. In fondo all’animo calabrese è ancora viva la cultura del dono
gratuito: all’amico si dona senza chiedere nulla in cambio, all’amico
si dona solo perché può averne bisogno o piacere. La nostra mente e il nostro
cuore rifiutano l’affanno di un mondo costruito sulla produttività, sulla
finanza e sul consumo: in noi è impressa la visione di una vita che scorra serena
tra amici, in comunione di vita e di beni, così come furono le comunità
pitagoriche e quelle dei primi cristiani. Se c’è interesse, non c’è amicizia.
Tutti i popoli della terra vivono
respirando gratuitamente l’ossigeno prodotto dalle grandi foreste, specie
dall’Amazzonia. Perché allora non dovrebbero tutti beneficiare gratuitamente
delle enormi cifre accumulate nei cosiddetti paradisi fiscali? Perché si
continuano a produrre armi nei paesi ricchi? A queste domande si può rispondere
dicendo che il mondo non cambierà mai. Ma si può anche rispondere col modello
della filocrazia, ora che, grazie ai viaggi e alla tecnologia, il
mondo ha preso coscienza del comune destino.
La Calabria nel primo millennio ha dato
alla Chiesa di Roma dieci papi, nel secondo millennio nessuno: è il prezzo che
ha pagato alla perdita della lingua e della cultura greca, la sua identità
primigenia, e all’instaurazione del feudalesimo portato dai Normanni. La
Calabria, terra di liberi e uguali, dove già nel sesto secolo avanti Cristo era
nata, a Locri, la libertà degli schiavi, fu ridotta nel tempo alla servitù
della gleba. Allora in Calabria, che con Pitagora era diventata la Magna
Grecia, successe quanto aveva previsto Platone: se togli uguaglianza e libertà, prevarranno
criminalità e degrado.
Caro Papa Francesco, Ti scriviamo queste
cose non per inutili rivendicazioni o polemiche, ma solo per sottolineare come
la proposta filocratica nasce dalla sofferenza di una gente gravemente ferita,
che possiede però enormi energie morali, capaci di dare al mondo una nuova civiltà.
La Calabria, madre dell’Italia e culla della Divina Eucaristia, terra dei sempre
sognanti, sempre speranti, sempre credenti che il bene vincerà, auspica l’amicizia
come pietra angolare del governo dei popoli.
Grazie, caro Papa Francesco, della
tua visita e della tua attenzione.
Salvatore Mongiardo
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